Sono diventato papà il 31 Dicembre 2017.
Ci stavamo preparando per passare il Capodanno a casa di amici quando, davanti ai miei occhi - interrompendo per un attimo la visione di Quattro Ristoranti, proprio quando Borghese stava sedando una delle tante risse - apparve un test con due lineette.
Spensi la TV.
Non ci sono modi giusti o sbagliati di comunicarsi LA notizia della vita. Non ci sono modi giusti o sbagliati per reagire.
Mi impietrii: felice, commosso. Ci guardammo con gli occhi inumiditi: spaventati, entusiasti, sconvolti.
E’ stato un capodanno un pò strano: forse mi hanno parlato, forse ho mangiato e bevuto, forse ho fatto il conto alla rovescia alla mezzanotte, forse ho sentito i botti.
O forse era solo il mio cuore.
L’unica cosa che ricordo è l’osservare incessante di cosa ingerisse mia moglie, con lo scanner mentale già configurato sui cibi proibiti in gravidanza.
Sono ansiogeno di natura, ma in quell’occasione, a poche ore dalla Notizia, per me è stato già un gran risultato non stramazzare al suolo.
Il grande cambiamento è iniziato così.
Introspezione e Valori
Passavano le settimane e i mesi, cercavo di mantenere a bada, con scarsi risultati, le mie ansie.
Ogni ecografia, seppure non ci siano mai stati problemi, mi drenava energie emotive come un maratoneta alla sua ultima uscita.
A parte questo mio tormento, avevo un’altra situazione da gestire: lavoravo dalle sette di mattina alle otto di sera, compresi i tempi di trasferimento da e verso il lavoro.
Come poteva essere compatibile questo scenario con il fatto che da lì a poco avrei realizzato il sogno della mia vita?
Mi sarei dovuto accontentare di vedere mia figlia solo nelle alzate notturne e nei weekend, demandando tutto di default alla mamma?
Non era quello che volevo, anche perchè non siamo più nel medioevo (o anche dopo) dove il matriarcato genitoriale la faceva da padrone.
Ma, soprattutto, il valore principale della mia vita non era solo “essere padre”: era “fare il papà”. C’è una sottile differenza.
Per raggiungere questo obiettivo, serviva un ingrediente fondamentale: il tempo. Da qui la grande domanda, che tanti di noi forse si sono posti:
Ho la forza di abbandonare, nel pieno della mia carriera professionale, un posto di lavoro fisso, ben retribuito e pienamente centrato nel mio settore, con colleghi e professionisti al contorno di alto livello?
La risposta è stata sì.
Non è stata immediata, non è stata semplice - a volte ci ripenso - ma col senno di poi è stata la scelta giusta perchè coerente con i miei valori.
Il cambiamento di prospettiva
Tra una lista nascita e un libro sullo stile “Come essere il miglior genitore del mondo”, mi sono messo alla ricerca di un altro lavoro.
Doveva avere dei requisiti minimi: tempo pieno (ma senza obblighi/incentivi ad andare oltre l’orario), distante al massimo trenta minuti da casa, nel mio settore.
Tralascio i particolari, ma l’ho trovato, con qualche compromesso: ho abbandonato un contratto a tempo indeterminato per uno a tempo determinato e mi sono decurtato la RAL del 40%.
Scelta da pazzi con un figlio in arrivo? Sì. Ci stavo dentro al pelo, anche un pò meno, e mia moglie compensava.
Non ho parlato però del benefit principale: il tempo.
A parte un piccolo incidente stradale, che mi ha tenuto via da casa una decina di giorni, posso dire di non aver perso nulla dei primi sei anni di mia figlia (e dei due anni della seconda).
SUPER DISCLAIMER
Non voglio premi o riconoscimenti dalla platea per questa mia scelta di vita. E non giudico chi ne prende altre, come perseguire una carriera professionale, soddisfacente e remunerativa, per garantire un futuro solido alla propria famiglia.
Ti ho voluto solo raccontare questa storia per darti una parziale visione di come sia importante per me stabilire i valori guida della mia vita, sui quali basare ogni tipo di decisione: lavorativa, logistica, economica, relazionale, sociale.
Con il tempo risparmiato, oltre ad essere presente per le mie figlie, ne ho tenuto un pò anche per me e per le mie passioni: scrivere, leggere, guardare lo sport in TV.
Troppo spesso parlo con persone che vorrebbero svolgere un’attività alternativa al lavoro o ai compiti familiari, ma chiosano con la frase “eh, ma non ho il tempo”, oppure “eh ma arrivo a casa distrutto/a”.
Se arriviamo a fine giornata in queste condizioni per perseguire i nostri valori di vita principali, allora siamo nella direzione giusta. Altrimenti, ci si può fermare un attimo e ricalibrare la bussola della nostra vita.
Ci sono passate tante persone, e qui puoi trovare alcune testimonianze.
Per aiutarti a farlo, provo a smontarti il mito dell’avere successo.
Ma quindi non sono una persona di successo?
Per LinkedIn, no. Sul lavoro non ottengo premi da esibire, non partecipo a grandi eventi, non faccio trasferte esotiche e non scrivo post motivazionali.
Ma siamo sicuri che il successo sia questo?
Per me, il successo è eccellere nel valori principali che ognuno sceglie. Io ho dato importanza ad essere presente come papà - questo non significa automaticamente che sia bravo, anche perchè non c’è una metrica per misurare questa bravura - e credo di avere successo in quello che faccio.
Se vuoi approfondire di più il mio pensiero su questo tema, ho fatto due chiacchiere con
nella penultima uscita della sua Newsletter:Se ti va di condividere con me la tua storia di equilibrismo tra lavoro e famiglia, tra valori, compromessi e rinunce, mi farebbe molto piacere che rispondessi in privato a questa mail. Magari impariamo qualcosa a vicenda.
💡Pillola di sopravvivenza
La sera, prima di rincasare o avere qualsiasi tipo di rapporto con un familiare, prenditi cinque minuti. In macchina, col motore spento, in giro facendo quattro passi, stando fermo e osservando un particolare che hai intorno. In questo modo crei un momento di stacco, come un interruttore, che ti fa passare dalla modalità lavoro a quella famiglia. Non preoccuparti e non incolparti, se la testa continuerà lo stesso a ricercare temi lavorativi. Se te ne accorgi, e ritorni alle faccende di famiglia, è già una gran cosa.
🔍Lo sapevi che?
La parola cinese "crisi" (危机) non è composta dai simboli "pericolo" e "opportunità"; il primo rappresenta il pericolo, ma il secondo significa invece "punto di svolta".
Alla prossima!
Crediti: Le immagini sono prese a titolo gratuito dal sito pixbay.
Bellissimo numero, Luca. Intenso. Mi chiedo come sarebbero più facili le relazioni se ognuno avesse raggiunto quella consapevolezza di "successo" che indichi tu.
Sono scelte difficili da fare, ma molto spesso fermarsi a ragionarci sopra aiuta a fare il passo. Sempre meglio di seguire per inerzia una vita che non sempre va dove vorremmo