Dottore chiami un dottore
Ode agli amici pediatri e specialisti, ma anche alla nostra instabilità genitoriale.
Tra i tanti problemi che ho, uno di questi è il rapporto con i medici. Sarà forse perché lavoro con loro e per loro da quindici anni?
Non credo a queste statistiche di poco conto.
Diciamo che ho almeno un paio di testimonianze che avvalorano questo difficile rapporto, soprattutto quando vesto l’abito da genitore e la lucidità viene meno.
Ti racconto le mie storie, spero ti facciano sorridere: almeno sarà giustificata la gastrite procurata.
Dalla Disco al Pronto Soccorso
Accantonate tutte le velleità di rimanere giovane e di frequentare quelle discoteche in cui i ventenni guardano i quarantenni come fossero creature del mesozoico, c’era da trovare una scusa per vivere la notte.
I figli sono sempre una buona scusa. Un pò per tutto.
E’ successo quindi che Figlia Grande venisse a bussare al mio petto, intorno alle 2 di notte, sussurrando soave e piangente un ritornello del tipo “Ho male all’orecchioooooooooooooh”. Credimi che questo mantra, ripetuto in loop, misto a lacrime e ad un mio atavico rincoglionimento notturno, non mi ha aiutato a capire la situazione.
Da esperienze pregresse ho usato tutti gli effetti placebo a mia disposizione, nell’ordine: un bicchiere d’acqua, un cioccolatino, una caramella frizzante, un cerotto, un peluche, una breve lettura degli Aristogatti, un video su come si siano incontrate le Winx e la biografia di Enzo Miccio.
Niente.
Niente, di niente. Ha continuato a lamentarsi con le urla più acute in corrispondenza della biografia del Miccio. Come darle torto.
Sono passato alla Fase 2: la minaccia.
Beh, se stai così male forse è il caso di andare al Pronto Soccorso.
Nessun bambino vuole andare al Pronto Soccorso, quindi ero già pronto a ridisegnare il cuscino con la forma della mia testa, quando sentii un suono nuovo, ma distinto:
Andiamo.
Volevo morire, anche perchè mi è subito riaffiorato il ricordo in cui ero andato al Pronto Soccorso perchè la bambina si era ribaltata dal letto con sfregio da comodino in piena fronte.
Ma questa è un’altra storia.
Insomma, ci vestiamo in modo casuale - ma allo stesso tempo inspiegabilmente casual - prendo la macchina, rischio la fiancata in uscita dal box e arriviamo al triage. Dopo un’attesa tollerabile, ci presentiamo davanti al Pediatra che, dopo una visita sommaria, mi dice:
Ma Lei, quando ha male a qualcosa, prende un analgesico per attutire il dolore?
Alle 3 di notte, una domanda a trabocchetto di difficile gestione. Rispondo muovendo la testa su e giù, non ho altre forze.
E allora perchè non ha pensato di dare questo sollievo a sua figlia?
Non rispondo, ma avrei tanto voluto sbottare in un:
“Forse perchè io ho quarant’anni e mia figlia cinque, e se la fisiologia dei bambini fosse come quella degli adulti non esisterebbe la sua specialità e Lei sarebbe di turno in una corsia di Medicina a trattare una qualsiasi malattia generica come se fosse in un caso di Dottor House.”
Le risposte migliori arrivano sempre con un ritardo degno di Trenitalia.
Ne usciamo con una dose - da bambino - di Nurofen, una notte in bianco e un cucchiaio abbondante di Gaviscon (per me).
Ma non va sempre così…
Dermatite, male del secolo
Per par condicio, ora tocca ad un episodio con Figlia Piccola. Non ho un rapporto complesso solo con i Pediatri, ma anche con gli Specialisti, tipo i dermatologi.
Io non so te, ma non trovo concepibile che nel 2024 non si sia ancora trovata una soluzione alla dermatite: centinaia di euro in creme, cure termali, analisi di allergie, combinazioni di cibi, vestiti, case, libri, auto, fogli di giornale.
Prendo appuntamento con un dermatologo riconosciuto, con esperienza anche con i bambini. Al tempo, Figlia piccola ha nove mesi.
Riconosciuta una bella dermatite su più parti del corpo, il Dottore esordisce così:
“Nessun problema che la candeggina non possa risolvere”.
Abbozzo gli estremi della bocca in quella posizione tipica del sorriso forzato, in risposta ad una battuta di uno sconosciuto.
Non era una battuta. Ha proseguito illustrandomi uno studio americano (su un Power Point raffazzonato, mica Science) in cui si sosteneva che una tazzina da caffè di candeggina durante il bagnetto potesse lenire la dermatite.
Mi perdoni Dottore, sono un Ingegnere: mi può dare la percentuale esatta di candeggina in relazione al volume d’acqua in cui immergerò la creatura?
Mi mostra una slide, con l’immagine di una bacinella da bagnetto e una tazzina da caffè.
Ringrazio, striscio con vigoria la carta di credito pregando che la transazione non vada a buon fine, e con buon passo mi allontano, ringraziandolo di avermi illuminato sul futuro della medicina moderna.
In sinesi: niente candeggina, tante creme costosissime e un velo di cortisone una tantum.
Ci manca un ultima categoria.
Mantenere le tradizioni
Ogni volta che mia mamma mi portava dal dottore, srotolava una pergamena con tutte le domande da porre, per evitare di dimenticarsi qualcosa.
Io un pò non capivo e un pò sbuffavo, pensando tra me “Figuriamoci se farò così anche io!”.
Infatti, io uso le note del telefono.
La scelta del medico di base o del pediatra è sempre un rito esoterico: la sorte, il passaparola, il vorrei ma non posso?
Sì, perchè i più in gamba hanno liste di migliaia di assistiti e poi sono in via di estinzione. E le nuove leve? Vuoi mica fidarti di un neolaureato, che magari è più aggiornato dell’ottuagenario che cerca di accaparrarsi ancora qualche gettone dal nostro sistema sanitario.
Anche qui, non siamo mai soddisfatti. Almeno io.
Ehm ma non mi ha trovato nessuna malattia, ma io sto male. Ecco, mi ha prescritto la visita specialistica e ora devo aspettare tre anni. Uffa, volevo fare un intervento a cuore aperto e invece mi ha dato un blister di Zigulì che aveva nel cassetto.
Se queste sono le reazioni da adulti, figuriamoci quando l’oggetto della visita è uno dei nostri figli. Insoddisfatto, punti al privato e poi ti trovi con una tazzina di candeggina da applicare sulla cute setosa di tua figlia.
La verità sta un pò in mezzo.
Non è mai facile essere lucidi quando si tratta della salute dei figli. Un controllo ed una rassicurazione a volte pagano più di una reale cura per un problema transitorio e di poco conto sul lungo periodo.
D’altra parte, trovare empatia e sensibilità nella categoria dei medici aiuterebbe molto nel vivere l’incertezza e le ansie insite in ogni genitore, chi più chi meno.
Va bene quindi alimentare le nuove leve di tomi sull’anatomia e la fisiologia umana, anche perchè è sempre utile sapere dove si trovi il cuore, ma anche la comunicazione e l’approccio alla persona devono essere un elemento preponderante nel prendersi cura di un assistito.
Più o meno ansiogeno che sia. Io, come avrai notato, non lo sono per niente.
Ora ti lascio, che devo chiamare il CUP.
Alla prossima!
Se stai per partire per la vacanze, ti potrà essere utile questo!
Figlia 5enne ha la dermatite dal periodo del covid, le peggiora in momenti precisi dell'anno: la dermatologa non ci ha prescritto bagni con la candeggina (e forse dovrei esserne contenta ma un po' invidio questa storia incredibile che ti è accaduta), ma bagni/docce con un olio detergente e una crema da mettere quando lo sfogo è bello intenso. E sai che pare che l'unico modo per farglielo passare sia farle prendere la varicella?
Sì, però anche tu, le ba-si: il Nurofen sempre a disposizione nel frigor, classificato come bene di prima necessità. :P