Sono passati più di cinque anni da quel giorno.
Avevamo abbandonato il fagottino di quattro mesi a degli sconosciuti, con una pratica chiamata inserimento, che rappresenta un atto di fiducia, un’azione necessaria per restare al passo con la vita moderna che ti impone di lavorare per pagare le bollette a fine mese.
Anche se sei appena diventato genitore.
Il nido prima, la scuola dell’infanzia poi: due tappe del primo ciclo di vita di una persona.
Molti, io per primo, lo considerano come un parcheggio, anche se suona male dirlo. Mi sono ricreduto, perchè queste strutture non erogano servizi di babysitting, ma programmano un vero e proprio percorso di crescita dei nostri figli.
Sono sovraffollati? Si. Sono approssimativi? A volte. Il personale non è sempre qualificato al massimo? Dimmi tu un posto dove lo sia sempre.
Quando scegli un asilo, faccio prima a chiamarlo così, lo fai per una serie di motivi:
E’ vicino a casa;
Te ne hanno parlato bene;
Ne hai bisogno.
Dopo cinque anni, forse anche prima, ho realizzato il vero motivo per cui è importante che i bambini vadano all’asilo: ne hanno bisogno.
Non per imparare a tagliare con le forbici a punta arrotondata o a contribuire alla deforestazione con disegni di bellezza discutibile. Serve per uscire dal guscio, per iniziare a sentirsi dell’entità distaccate da mamma e papà.
Trovo fondamentale sfruttare questa opportunità, negli anni in cui il cervello possiede una plasticità tale da recepire le basi fondamentali di autoconsistenza.
Detto questo, non è un percorso semplice e lineare.
Ecco la mia esperienza per dare un senso a questo primo ciclo di vita, che divido in tre step: distacco, assestamento, salto.
Il distacco
Ti ricorderai sicuramente i lacrimoni - tuoi e di tuo figlio - quando vi separavate le prime (a volte anche le ultime) volte all’ingresso. D’altronde, chi di noi ha voglia di separarsi dalle persone con cui passiamo la maggior parte del tempo e ci fanno sentire al sicuro.
Poi, per il genitore, c’è l’effetto senso di colpa: ecco ho desiderato tanto mio figlio, ma se mi sta sempre intorno non riesco a svuotare l’Inbox (spoiler: non si riesce comunque).
Ah ragazzi, quando parlo di genitore, tratto in egual modo mamma e papà: entrambi hanno un lavoro e hanno la stessa responsabilità di essere presenti per i figli. Quindi: due Inbox da svuotare.
Mentre il bambino - grazie al suo super cervello a elevate prestazioni - si abitua al contesto e inizia a sperimentare il nuovo mondo, tu genitore brutta persona prova a pensarla così:
Mio figlio trova più giovamento a relazionarsi con educatrici preparate e bambini della stessa età oppure stando accanto a me con la mia parziale attenzione diurna? Sicuramente la prima: quindi sotto con il lavoro, per essere focalizzato sui pargoli quando ti presenti al cancello dell’asilo.
Il distacco, secondo me, è una fase del ciclo più problematica per i genitori che per i figli: la lacrimuccia per i primi cinque minuti, a volte l’inappetenza o la difficoltà nel sonnellino. Se hai ancora dubbi, ricordiamoci che siamo nati dal lato giusto del pianeta e che il distacco da asilo è l’ultimo dei problemi.
Ripeto: stai facendo una buona azione per tuo figlio, non per te.
Passiamo al prossimo step.
L’assestamento
Non starò a ripetere la massima da Bacio Perugina del tipo “non conta la destinazione, l’importante il viaggio”.
Dai due ai sei anni, all’asilo, il tuo bambino si trasforma: a casa percepisci qualche sintomo di questo cambiamento interiore ed esteriore. Ma è questa palestra quotidiana, che consente ai nostri figli di raggiungere i primi traguardi.
Vorrei elencarti alcuni flash, che magari ti riporteranno indietro nel tempo e ti strapperanno un mezzo sorriso:
Il primo lavoretto per la festa della mamma o del papà;
La prima telefonata di allontanamento dall’asilo per una qualche malattia;
I primi morsi/pugni/schiaffi/rovinose cadute subite (o inferte);
Il primo disegno, che di solito è una riga invisibile;
Le prime letterine scritte con andamento incerto;
Le torte preconfezionate e i regalini per i compleanni;
I saluti al mattino e gli abbracci alla sera;
le preoccupazioni per i menù opinabili imposti dalle ASL;
le collette per i regali alle maestre;
la preparazione dello zaino per la piscina;
la prima gita in solitaria;
i primi passi, rigorosamente davanti all’educatrice;Meglio dimenticare
La svestizione vicino all’armadietto;
I calzini antiscivolo e le ciabattine estive;
le battaglie per la scelta dei vestiti;
Le attese davanti al cancello, con gli altri genitori che si lamentano.
Tutto questo ha portato i nostri figli a crescere, a capire come relazionarsi con gli altri bambini e a gestire le prime responsabilità.
E noi con loro, ci si siamo allenati a rispettare tempi e regole di un modello educativo ed organizzativo, esterno all’ecosistema familiare.
Come ogni ciclo, ci deve essere una fase conclusiva.
Vediamola.
Il salto
Ti ritrovi in platea, seduto in quelle seggioline dove i tuoi fianchi reclamano pietà. Tutto è pronto per la recita di fine anno. Questa volta con la particolarità in più: sarà l’ultima del ciclo dell’asilo.
Non avrai abbastanza fazzoletti in tasca per arginare le lacrime, una commozione naturale, fisiologica che sovrasta stereotipi di maschio o donna Alpha. L’unica soluzione è nasconderti dietro il tuo grande smartphone, fingere di filmare questo evento spartiacque della vita del tuo bambino, e della tua.
Non farti vedere da lui/lei, non per vergogna - perchè dobbiamo sdoganare il fatto che ognuno possa piangere quando e dove vuole - ma per non innestare un effetto a catena che coinvolgerebbe bambini, maestre e tutti i presenti (mi è capitato l’anno scorso).
Una foto col diploma, la toga e il cappello da laureato: non siamo ad Harvard ma, per paradosso, è un momento ancor più importante.
Poi finisce tutto in giochi, schiamazzi, panini improvvisati, torte senza glutine e una baby dance sulle note di Tuta Gold.
Si rientra a casa, come fosse stata una festa qualunque, con quel mix di adrenalina e stanchezza che in altri momenti porterebbero solo all’ennesima tensione familiare.
Questa sera voglio tenermi stretto nel lettone la mia bambina. La stuzzico per non farla addormentare, nell’unica notte in cui sarebbe disposta a farlo. Non voglio che finisca questa giornata, perchè domani sarà grande e si sarà chiuso il primo grande ciclo.
E’ pronta per il salto.
E io?
Alla prossima.
E a pochi giorni dalla chiusura di questo primo ciclo da parte della mia piccola, mi hai fatto scendere la lacrimuccia, sorridere ed emozionarmi.