La scuola è finita, andate in pace.
Come un rituale liturgico, ogni inizio giugno si celebra la fine dell’anno scolastico.
Una liberazione per i ragazzi.
Un dubbio amletico per i genitori.
Ma quale dubbio?
I mai soddisfatti
Si instaura in noi una duplice personalità, che ci mantiene sempre nella nostra comfort zone dei “mai soddisfatti”, perché rende meglio così rispetto a “insoddisfatti”.
In questo caso, la nostra insoddisfazione si può tradurre così (letto tutto di fretta, con i capelli scompaginati, un occhio all’orologio e uno al figlio che sta attraversando la strada):
Oh finalmente anche quest’anno ce lo siamo tolti. E portalo e vallo a prendere, e il rientro al pomeriggio, e la merenda, e il colloquio coi genitori che tanto lo so mi fa sentire sempre un genitore pessimo nonostante la media del 9,5 ma potrebbe migliorare in educazione civica, e controlla il diario elettronico, ma pure un occhio ai quaderni, e la penna BIC che scompare una volta settimana, e il compasso accompagnato dal porto d’armi, e il ripasso dopo cena (che poi non è il ripasso, ma lo studio vero e proprio), e i compiti nel weekend che “falli subito al sabato mattina, così te li levi - ma poi ti riduci alla domenica mentre Fazio intervista intervistava il Papa), e l’incognita del “ma quante materie sotto avrà”, e la gita al santuario per pregare che la sfanghi anche quest’anno, con la promessa di stargli più vicino l’anno dopo.
In effetti, visto così, ci siamo tolti una bella rottura di palle.
Ne siamo proprio sicuri?
Opportunità o inferno?
Superata la gioia o l’incazzatura per l’esito dell’anno scolastico ma, soprattutto, sopravvissuti alle pizze di classe, ci assale un unica domanda:
Ma dove cavoli li piazzo per i prossimi tre mesi?
In realtà questa domanda è già nelle nostre teste almeno da quando abbiamo smontato l’albero di Natale, ma la vera ansia si palesa di solito nel mese di maggio.
In base alle età e a dove si abita le alternative sono molte: dal campo estivo alla stagione a(lla) spiaggia, dall’estensione di scuole-asili allo sfruttamento di ogni grado di parentela (che poi si riduce sempre e solo a uno: i nonni).
Il punto è che comunque la viviamo male (perché vi ricordo che siamo i “mai soddisfatti”).
Ma poverino da solo sotto l’ombrellone, e se piove?
Ma le educatrici - che poi sono ragazze prese dalla strada forse con meno anni dei nostri figli - avranno messo la crema al mio bimbo e avranno aspettato tre ore prima di fare il bagno?
Eh però se sta con i nonni anche d’estate, sai quanti vizi?
Ci dobbiamo colpevolizzare in qualche modo e la nostra fantasia, in questi casi, è infinita.
Riportiamoci tutti insieme alla realtà:
La società in cui viviamo ci impone di lavorare anche d’estate, per quanto la cosa non ci piaccia.
Il fatto che non ci piaccia anche nelle altre stagioni è un altro problema.
E allora, guardiamo la situazione da un altro punto di vista.
Un’opportunità per noi e per i nostri figli.
Adesso provo a togliere quelle lenti fumè che ci appannano la vista.
Ora o mai più
Torniamo indietro nel tempo e ripensiamo a quando avevamo l’eta dei nostri figli e potevamo goderci un’intera estate in vacanza.
Non vorremmo tornare indietro?
Certo che sì. Anche perché ora, passiamo gran parte dell’anno a guardare quel calendario sgualcito sulla scrivania aspettando di girarlo sulle caselle evidenziate in giallo.
Dieci giorni lavorativi nelle due settimane centrali di Agosto.
Per gran parte di noi, questa è una realtà che si ripete ogni anno e non possiamo tornare indietro.
Ma per i nostri figli è diverso. Ora è il loro momento, anche se lo capiranno fra una ventina d’anni.
E allora che se la godano, lasciateli il più liberi possibile e, detto tra noi, i compiti delle vacanze non servono a niente.
Ma dov’è l’opportunità per noi?
Io ne vedo tante, ma vi lascio un pò di tempo per scovarne altre:
Allentiamo la nostra ansia del dover esserci sempre. Rendiamoli più autonomi, sciogliamo un pò le briglie, che già li stressiamo tutto l’anno.
Aumentiamo la responsabilità dei figli. Autonomia significa anche misurare la responsabilità. Potremmo rimanere delusi? Sì, ma è un passo da fare. E l’estate è la stagione giusta. Un pò come lo spannolinamento.
Godiamo del tempo libero. Togliendo le incombenze serali, mattutine e del weekend legate alla scuole cosa rimane? Tempo. Di cosa siamo affamati noi Genitori Instabili? Del tempo. Tempo per noi, intendo, per tutto quello che abbiamo tralasciato durante l’anno scolastico.
Chiudiamo la cucina. Mettiamo a riposo i fornelli. Insalata di riso a pranzo e cena per tre mesi. Il corpo si abitua, tranquilli. Ah vale anche il “facciamo cena con un gelato”, sbagliatissimo dal punto di vista alimentare, ma credo che moriremo di altre cose.
Allora vi ho convinto a cogliere con buona lena questo periodo dell’anno?
In caso contrario, buttatevi nelle sagre di paese a bere vino di scarsa qualità ma di elevata efficacia nel convincerci che tutto andrà bene.
Alla prossima!