Ti ricordi quando aspettavi di arrivare alle medie per indossare uno zaino Invicta riciclato da un fratello maggiore?
E quando all’università sfoggiavi lo zainetto Eastpack che faceva tendenza, ma non ci stava dentro manco un bignami di Fisica I?
In Italia, il tuo status quo adolescenziale era - oggi ancora di più - definito dagli accessori legati al mondo scolastico. Se poi avevi la media del quattro, poco contava.
Se ti distinguevi dalla massa potevi essere etichettato come lo sfigato di turno o come il visionario che faceva tendenza. Nessuno ha mai capito la discriminante.
Mi ricordo un episodio indelebile, forse ero in prima media. Quando sono andato a scegliere il diario, comprai l’agenda Comix. Non so se te la ricordi, ma aveva un sacco di vignette, di una scurrilità tale che il Bagaglino si elevava a succursale della Sorbona.
Se ti sto sbloccando troppi ricordi, prendi pure fiato.
Insomma, arrivo con il mio diario in classe e, appena messo sul banco, viene subito intercettato dalla professoressa. Lo sfoglia con attenzione, abbozza un sorriso e poi lo requisisce. Ricevo in cambio il diario del Salvabosco, quello in dotazione standard, fatto con le pagine di carta riciclata. Un brutto colpo, soprattutto per uno che soffre di iperidrosi (questa la capisce solo chi soffre di iperidrosi).
Tornando all’argomento della settimana, si parlava di zaini.
I maestri di vita, in generale e anche su questo argomento, sono sempre e solo in un posto: in Giappone.
Ti ci porto.
Randoseru
Quasi tutti gli alunni delle scuole elementari in Giappone portano con sé uno zaino chiamato randoseru, un elemento fondamentale dell'infanzia giapponese da circa 150 anni.
Il fatto che può far specie a noi italiani è che nessuno obbliga gli studenti a utilizzare questi zaini, ma forti norme sociali spingono la maggior parte delle famiglie ad acquistarli per i propri figli.
A pieno carico, il randoseru può pesare quasi quattro chili e mezzo. Pensate alle mezze carrette dei nostri figli, che ci chiedono lo zaino-trolley.
Ci torneremo fra un pò.
Come vedi dalla foto, i randoseru sono realizzati in vera pelle e costano centinaia di dollari. Sono talmente robusti e ben concepiti che durano per tutte le scuole elementari (in Giappone, sono sei anni).
Tra l’altro pensa alla quantità di Sushi che potrebbero contenere!
Il primo giorno di scuola (l'anno scolastico giapponese inizia ad aprile), folle di bambini entusiasti della prima elementare - proprio come i nostri figli, che si attaccano agli alberi piuttosto che varcare la soglia - e dei loro genitori si presentano per una sorta di cerimonia di ammissione alla scuola elementare.
In Italia, genitori con il SUV in doppia fila srotolano i figli calcolando l’inerzia per farli arrivare fino al cancello, o al primo albero a cui attaccarsi. Selfie dal finestrino e finta lacrima da coccodrillo, sotto l’occhiale a specchio di chi è conscio di aver superato indenne un’altra estate.
Torniamo al Giappone, che è meglio.
Si dice che il randoseru abbia origini militari, impiegato sin dalle prime dinastie imperiali; questo fatto è in linea con i metodi educativi giapponesi. Gli studenti imparano a marciare al passo con gli altri, esercitandosi nel cortile della scuola e in classe. Il sistema scolastico oltre a contribuire a costruire un'identità nazionale, in tempi passati, prima e durante la seconda guerra mondiale, ha anche preparato gli studenti alla mobilitazione militare.
Ok, forse è un pò estremo, ma per chi è stato in Giappone risultano ancora più chiare tantissime dinamiche, insite nei comportamenti del suo popolo.
Qui scatta d’obbligo il paragone con la nostra cultura.
Anticipo che non ne usciamo proprio bene.
Culture a confronto
C’è poco da fare, i nostri figli sono dei gran viziati. Non mi venire a dire che i tuoi non lo sono, perché non ci credo.
Gli daresti uno zaino riciclato con in primo piano gli occhi spiritati di Schillaci ad Italia ‘90? No, ecco vedi che lo vizi?
A parte gli scherzi, come dicevo, bisogna trovare un compromesso per non mettere a disagio i ragazzi nell’ecosistema sociale, senza neanche fare i salti mortali, anche dal punto di vista economico.
Questione trolley: la domanda è semplice; perché? Noi abbiamo sempre camallato caterve di libri, in zaini poco ergonomici e siamo ancora qui. Sì, lordosi, scogliosi e cifosi ci accompagnano come fedeli compagni di viaggio, ma c’è di peggio.
Ormai davanti alle scuole elementari - perché se porti il trolley dalle medie in su, sei uno sfigato (e giù altri soldi) - c’è un assembramento che manco all’aeroporto di Orio al Serio a Ferragosto. Non parliamo poi delle varietà di colori, brand, riferimenti a supereroi e cartoni animati.
Figlia grande è orientata sulle Winx, ma siamo sicuri che fra cinque anni le piaceranno ancora e non mi pianterà una grana per cambiarlo. Niente che un buon street artist possa aggiustare con la propria bomboletta - ehi sento profumo di business, artisti di strada scrivetemi in privato - ma solo al pensiero di andare in trattativa con mia figlia, mi stanca.
Riportando la questione ad un fattore culturale: sarà che noi italici, avendo caratteristiche istrioniche, poliedriche ed eclettiche, ci appoggiamo sulla schiena degli artisti più famosi di tutte le epoche, e quindi anche nella scelta dello zaino dobbiamo diversificarci e non uniformarci e standardizzarci come il popolo giapponese?
A me sembra una supercazzola all’italiana, in cui ci concediamo e condoniamo ogni cosa, con la scusa di essere il paese del sole e del mandolino. Poi magari ce la prendiamo se da fuori ci prendono come tale (ho dimenticato pizza e spaghetti) e nel panorama internazionale politico, economico e militare (per quest’ultimo non è poi così male starcene in disparte, tanto siamo scarsi come la nostra squadra di calcio agli Europei e non ci sceglie nessuno) non contiamo nulla.
La grande fatica prosegue poi con diari, astucci, matite, pastelli, colla, forbici, cartelline da disegno, sacca da ginnastica, borraccia in poliuretano, grembiule griffato, scarpe che si illuminano o con le rotelle.
La soluzione c’è, ti ho fatto sudare un pò per leggere tutto, ma ora te la dico: apri un sito per prenotare un volo e un alloggio in Giappone, vuoto per pieno per i prossimi sei anni. Compra online anche un randoseru, così sarai più credibile alla dogana con i cani giapponesi. Ti avviso che non passa come bagaglio a mano.
Il mio business plan parla chiaro: ci guadagni. Se avessi anche un sorta di etichs plan, beh ci guadagneresti anche lì.
Alla prossima!
Quando leggerai questa newsletter sarò approdato in Corsica con famiglia al seguito (sempre se le mie abilità di guidatore riusciranno a farmi parcheggiare sul traghetto). Prevedo che questa vacanza mi porterà molti spunti per future utilissime newsletter. Obiettivo minimo: sopravvivenza. Se ti annoi sotto l’ombrellone, recupera le vecchie newsletter qui e passaparola.
Ah, dimenticavo. Io vado in vacanza, ma Genitori Instabili no. Mi troverai nella tua Posta anche nelle prossime settimane.
Se dovessi far scegliere a mia figlia 5enne dovrei comprarle uno zaino ogni anno. Non so come andrà a finire 🫣
Fare un patto con il seienne dicendogli questo sarà lo zaino che ti terrai almeno 5 anni, vedi di decidere qualcosa di abbastanza neutro altrimenti decido io. Figlio 1 ha deciso per uno zaino con logo Ferrari, figlio due zaino Ducati.