Quale maschera hai deciso di indossare, oggi?
Ricordo ancora l’odore del tappo di sughero affumicato, che mi disegnava prematuri baffi per dare un senso di compiutezza al mio vestito di Carnevale da Zorro.
Credo di aver utilizzato questo travestimento dai quattro ai ventisette anni: ho vissuto l’epoca in cui ci si passava i vestiti tra cugini e ci andava bene un po’ tutto. Ricordo il sapore dei coriandoli in bocca, il freddo che penetrava nelle ossa - perchè d’inverno ci si copriva oltremodo, ma a Carnevale c’era una deroga - le stelle filanti che promettevano traiettorie fantastiche per poi spegnersi ai miei piedi, le bugie con lo zucchero a velo o ripiene di marmellata, la svestizione sul balcone per non imbrattare tutta casa di quanto raccolto in battaglie all’ultimo fiato di bomboletta spray.
Ben presto è finito il tempo in cui ci si mascherava per pochi giorni l’anno ed è iniziato quello in cui, la maschera, anzi più di una, la si indossa giornalmente cambiandola alla bisogna.
Ci torno fra un po’.
Basta che sia una principessa
Le trattative familiari sui vestiti di Carnevale iniziano quando smontiamo l’albero di Natale. Quando non c’era ancora consapevolezza, il vestito dell’anno scorso andava bene. Ora, i bambini di oggi allineati alla tendenza al cambiamento non accettano la ricorsività e, vista la produzione infinita di principesse e affini nella storia della narrativa e dell’animazione, c’è l’imbarazzo della scelta.
La modernità aiuta noi genitori ad assecondare le richieste dei figli: la nascita di siti di e-commerce come Shein e Temu sono garanzia di pessima qualità, ma anche di soluzioni rapide e indolori (per il portafoglio).
Figlia Grande quest’anno ha scelto Aurora - io le confondo tutte, nonostante ripetute letture e visione dei rispettivi cartoni animati - principessa bionda, con vestito voluminoso dai toni rosacei.
Figlia piccola, ancora poco avvezza a questa ricorrenza, prima ha scelto Anna poi, solo dopo aver comprato e provato il vestito, ha detto che non era di suo gradimento (eufemismo), dirottando la sua attenzione su Elsa, il cui vestito inconfondibile era già nel nostro armadio (tutti i genitori con figlie femmine DEVONO avere sempre un vestito di Elsa nell’armadio).
Pensate alla gioia di mia moglie nel caricare su Vinted l’ennesimo capo da consegnare al destino (e alle discussioni) di qualche altra famiglia. E’ una ruota che gira.
Dopo le prove generali a qualche festa a scuola o in giro, ci aspetta LA domenica di Carnevale, crocevia di questo periodo dell’anno dopo il quale l’unico pensiero sarà il numero di uova di Pasqua da collezionare.
Pur assumendo il ruolo di accompagnatore vestito in borghese, metto già in conto di riassaporare quell’aroma di carta sulle papille e trovarmi la sera a fare la conta dei coriandoli che hanno raggiunto le mete più recondite, che non sto a rendere esplicite per non rovinarti la giornata.
Guarderò alle mie figlie con un po’ di malinconia perchè loro vivono ancora il travestimento come l’impersonificazione temporanea di un’eroina o di un personaggio fuori dall’immaginario collettivo.
Noi grandi, invece, impersonifichiamo giornalmente proiezioni di quello che ci sembra giusto essere in base al contesto. Un carnevale estenuante.
Ma deve essere sempre così?
Giù dal carro
Ti parlo di me, vediamo se ti riconosci.
Sono il primo a indossare maschere diverse, in base all’occasione: al lavoro, per essere professionale e paziente (ma quando mai?); con le mie figlie, per seguire quell’educazione consapevole che tanto predico ma che non è sempre spontanea ed immediata; con gli amici, per saper ascoltare ed intrattenere; con gli insegnanti, per dimostrare attenzione ma anche fiducia e distacco.
Pirandello, con il suo “Uno, nessuno e centomila” non era poi così uno sprovveduto. Il problema è che ti propinano questo libro in quarta liceo, quando in estate la tua preoccupazione massima è scegliere se fare un tuffo a bomba o a soldatino.
C’è un momento in cui credo di spogliarmi da ogni maschera e mostrarmi come sono: davanti ai miei cari. Lì non mi sento in obbligo di essere perfetto per l’occasione. Capita però che, in quel momento, la stanchezza del costante cambio-maschera mi dreni ogni energia e, davanti a loro, mi spenga: ammutolisco, vegeto.
Che sia anche questa un’altra forma di maschera, per nascondere loro timori, pensieri e preoccupazioni come se qualcuno che sta dimesso in un angolo o in una posa non faccia percepire di averne tanti, di pensieri?
Termino questo flusso di coscienza molto fine a se stesso (anzi, molto fine a me stesso), con un’ultima osservazione.
Se sono conscio di tutto questo faticoso bailamme per cambiare i miei atteggiamenti all’occorrenza, perchè non posso decidere di scendere dal carro?
Correrei il rischio di essere meno professionale al lavoro, meno paziente con le mie figlie, meno simpatico con gli amici e più intransigente con le insegnanti, ma forse riuscirei a guardare negli occhi i miei cari e far vedere quello che sono.
Correi il rischio di mostrarmi come un essere umano.
Mi sembra più che accettabile.
Alla prossima.
💡 Pillola di sopravvivenza
Evitare crisi dell’ultimo minuto sulla scelta del costume di Carnevale dei bambini è possibile! Un metodo utile è proporre due o tre opzioni ben precise tra cui scegliere, così da dare loro un senso di autonomia senza rischiare ripensamenti infiniti. Se possibile, fai una “prova costume” con anticipo e rendila un momento speciale: una sfilata in casa, una foto da mandare ai nonni… Un vestito che ha già creato entusiasmo sarà più difficile da abbandonare all’ultimo momento!
🔍 Lo sapevi che?
Sai che in Russia il Carnevale non esiste come lo intendiamo noi? Al suo posto c’è la Maslenitsa, un’antica festa slava che celebra la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera. Niente coriandoli o costumi, ma montagne di bliny (simili alle crêpes), slitte sulla neve e il rogo di un grande fantoccio di paglia, simbolo della stagione fredda che se ne va. È un Carnevale senza maschere, ma con tanto cibo e tradizione!
A parte quella piccola questione sulla dittatura, non sembra male.
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