Questa settimana vi scrivo dal centro commerciale Orio Center, in attesa del mio volo. Sono seduto su uno sgabello, che affaccia su una piccola scrivania con vista su un’immensa vetrata.
Un bambino urla, e mi riporta alla realtà. Quella realtà da cui oggi provo ad allontanarmi. Perché quando si osservano le cose da lontano, queste acquistano un’altra prospettiva.
Ma facciamo un passo indietro.
Il gesto inconsueto
E’ un periodo in cui la routine ha preso il sopravvento: sveglia-colazione-vestizione-giro asili-lavoro-giro asili-pre cena-cena-svenimento sul divano-trascinamento a letto-sveglie multiple notturne-risveglio definitivo.
Non trovavo un modo per uscire da questo processo, non perché la mia famiglia non me lo consentisse ma perché non avevo la forza di farlo. Era come fossi inghiottito da una forza centripeta che mi riportava sempre a ripercorrere la stessa giornata.
Credo ci sia un film, che ci abbia guadagnato qualche soldo su questa trama.
Era un pò come quelle autostrade a tre corsie in cui, immancabilmente, una macchina si piazza con andatura costante nella corsia centrale, ignara di ciò che succede intorno.
Ecco, io ero quella macchina.
Così ho deciso: concordo l’idea con mia moglie, apro il computer e faccio clic. Acquisto un biglietto.
Si parte.
I segnali da cogliere
D’altronde i segnali erano chiari: qualsiasi azione un pò oltre le righe delle mie figlie destava in me un vero e proprio fastidio, con reazioni che non fanno parte del mio modo di essere, o almeno per come credo di conoscermi.
Troppe brutte risposte, troppe parolacce che non riuscivo più a trattenere, troppi ricatti, troppi giochetti psicologici: insomma stavo giocando sporco, usando armi becere da adulti nei confronti di due bambine che si limitavano a comportarsi come tali.
Arrivati a una certa età, quell’età in cui dovresti avere una soglia della pazienza molto alta perché il contesto genitoriale ti mette alla prova in modo costante, ecco che quella pazienza che pensavi di avere ha acceso la spia della riserva.
Quarant’anni di perbenismo per essere conforme allo stereotipo di brava persona: un’asticella un pò troppo alta per non avere un prezzo da pagare.
C’era bisogno di una ricarica. Una tantum o ricorrente? E’ ancora da scoprire, solo l’esito di questa terapia potrà dare la giusta risposta.
Dicevamo del biglietto.
Slacciare la cintura
Eravamo rimasti al mio acquisto di un biglietto.
Beh, è un biglietto speciale: l’ho fatto con Canva, ho messo un bello sfondo, tipo fosse un biglietto aereo per qualche destinazione esotica e ho inserito l’orario e il luogo di partenza e di arrivo.
Un viaggio breve, simbolico, ma era l’unico modo per mettere in modalità aereo la mia routine settimanale.
Col senno di poi, visto che sto scrivendo questa newsletter in un caotico centro commerciale con una voce metallica che continua a chiamare i numeri dei clienti che si succedono rapidamente in un fast food, ecco sul “mio posto”, ci devo lavorare ancora un pò.
Ottottocentosettatasei.
E che palle!
Dicevamo la ricarica della pazienza, no? Beh, lo sto facendo gradualmente.
La sensazione è un pò quella di un post pranzo impegnativo dove, quando nessuno ti vede, ti allenti la cintura. O, addirittura, concedi riposo al bottone più alto dei pantaloni, coprendo il ventre con il maglione.
Le aspettative
Ho salvato e fatto backup del mio biglietto aereo virtuale: se l’esperimento dovesse andare bene, potrei usarlo nuovamente. Ho sempre sognato di far parte di quei club tipo Freccia Alata, per sfruttare comodi divanetti, snack e drink di bassa qualità.
Vorrebbe dire che queste poche ore dedicate a me (per scrivere, leggere, fare finto shopping o semplicemente ascoltare il dolce suono delle voci metalliche) hanno avuto un risvolto positivo sull’atteggiamento verso i componenti della mia famiglia.
Questa newsletter si basa sul fatto che ciascun Genitore Instabile debba essere prima un individuo autonomo, soddisfatto - per quanto possibile - della propria vita come singola entità. Solo in questo modo, si può guardare agli altri con una delle migliori versioni di se stessi.
Mi aspetto anche di trovare una location migliore, perché questi sgabelli - che fanno molto creator americano con milioni di follower su Substack - mi stanno spaccando la schiena, peggio di quando impersono il cavallo di Frozen con mia figlia in groppa.
Atterraggio
Anche se questa edizione della newsletter è in toto un racconto personale, credo possa essere molto più utile di altri pezzi un pò più articolati.
Sfido a non trovare almeno un lettore che non si sia trovato in questa situazione.
E se proprio tu, che stai leggendo ora, ti senti risuonare qualcosa dentro, sappi che non è la ribollita scaldata della mensa di oggi: prepara la valigia e prendi il biglietto.
E’ l’ora di inserire la modalità aereo.
Alla prossima.