Sono passati ormai quattro anni da quel brutto incidente in macchina. Quelli in cui ci si cappotta un paio di volte, arriva l’elicottero, ti operano di urgenza, un passaggio in terapia intensiva, qualche giorno di degenza e poi via a casa, per non gravare sul sistema sanitario nazionale.
Se sono qui a scrivere, potrai già immaginare il lieto fine.
Quello che non puoi sapere, è quello che ci è stato in mezzo: da quel giorno ad oggi, che vita ho vissuto, come ho sfruttato la mia seconda chance e come ha influito quell’evento su di me e sulla mia famiglia?
Se hai pazienza, te lo racconto. Un pò perché è terapeutico, un pò perché potrebbe essere capitato anche a te.
E se fosse andata male?
Il mio aspetto non si avvicina lontanamente a quello di Gwynet Paltrow ma abbiamo un punto in comune.
Una sliding door.
A lei ha fruttato un bonifico in banca, a me un conto da pagare. Le solite due facce della medaglia.
Ci sto girando intorno, perché è complicato scrivere che in quell’incidente ci sarei potuto rimanere. Ecco, l’ho scritto: tutto d’un fiato.
Difficilmente ci si addormenta la sera, con una riflessione del tipo: “E se domani finisse tutto, posso ritenermi soddisfatto?”. Se sei fortunato, come me, la domanda te la puoi porre la sera dopo e in tutte quelle successive, che ti concede il fato, dopo aver superato un evento traumatico.
Ora, quindi, vorrai sapere la mia risposta.
Sì, sarei stato soddisfatto. Avevo già ottenuto quello che mi ero prefissato, sia sul piano personale che su quello professionale. L’unico grande cruccio sarebbe stato non vivere ancora qualche spezzone di quel film straordinario, unico e inimitabile di cui ero un co-protagonista: la crescita di mia figlia.
Al tempo aveva solo un anno e mezzo.
Poi, diciamocelo chiaro, il problema in questo giochino della vita e della morte non è di chi si ne va, ma è di chi rimane.
Una bambina senza papà, una moglie senza marito, una sorella senza fratello, due genitori senza un figlio.
Per quanto stia apprezzando lo stoicisimo, anche i più grandi esponenti avrebbero perso il loro aplomb.
Per fortuna è andata bene, ma in cambio di una vita nuova ho dovuto pagare il prezzo di sentirsi in obbligo di avere una nuova possibilità.
Un pò contorto, lasciami ancora qualche riga per spiegare.
Sentirsi in debito
Tutte le storie si basano sulla parabola dell’eroe: succede qualcosa di brutto, il personaggio principale supera le difficoltà e trionfa conducendo una nuova splendida vita.
Doveroso sottofondo musicale.
Il problema - se possiamo definirlo così - di uscire vincente da un evento traumatico è che ci sente in obbligo di dare una svolta alla propria vita. Abbiamo ricevuto questo dono incredibile e quindi:
Dobbiamo essere sempre felici
Il nostro lavoro, qualunque sia, è sempre perfetto
Le nostre relazioni sono meravigliose
Non desideriamo niente di più che vivere la nostra giornata
Ci godiamo il presente senza pensare al passato e al futuro
Dobbiamo realizzare tutti i nostri sogni e supportare quelli degli altri
Se non realizzi queste semplici cose, beh sei veramente un ingrato. Ma come?! Ti è stata data un’altra opportunità e tu la sprechi nelle paranoie quotidiane, nel desiderio di possedere sempre qualcosa in più e nel litigare ad ogni occasione.
Ma allora non ti è servito a niente rischiare la pelle?
Ecco, ogni tanto questi discorsi mi ronzano in testa - soprattutto nell’intorno dell’anniversario dell’evento.
Credo di non essere l’unico in questa situazione, per questo condivido questi pensieri con te. Sentiti libero di fare lo stesso con chiunque ci sia passato.
Ora veniamo alle cose belle, però!
C’è sempre il sole sopra le nuvole
Se da una parte devo lottare con questo debito non richiesto, dall’altra, in questi quattro anni bonus gentilmente concessi dalla divina provvidenza, ho combinato anche qualcosina di buono:
Visto crescere la mia prima bimba
Visto nascere e crescere la mia seconda bimba
Salito un gradino nel mio lavoro
Coltivato tanti interessi extra-lavorativi
Sarebbero bastati i primi due punti, ciò che davvero conta per me nella vita.
Un ulteriore aspetto importante è che riesco ad apprezzare di più il valore del tempo. Ho preso decisioni che valorizzassero il risparmio e l’accumulo di tempo per impiegarlo nelle cose che mi portano più soddisfazione.
Non sempre riesco, anzi spreco ancora tantissimo tempo in frivolezze - ma qui sta di nuovo parlando il mio senso di colpa verso la nuova vita. Anche saperlo riconoscere, sai, è un piccolo successo.
Alla sera cerco di ricordare tre cose per cui sono grato per la giornata trascorsa e, ogni tanto, mi pongo la fatidica domanda: “E se domani dovesse finire tutto?”.
Se ero pronto quattro anni fa, perché con l’aggiunta della vita-bonus (fa molto Super Mario) non dovrei esserlo a maggior ragione?
Non sempre riesco a rispondere con lucidità perché, per quanto possa andar male, siamo fisiologicamente attaccati alla vita, anche se abbiamo già avuto tutto: vogliamo sempre un giorno in più, spesso per sprecarlo.
Nello stesso tempo è bello ed è brutto così. Non ho una soluzione, continuo a leggere ancora un pò di stoicismo e ti faccio sapere.
Anzi, inizio a lasciarti un piccolo estratto di una delle lettere scritte da Seneca al suo amico Lucilio.
“Comportati così, Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto, raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che è proprio così, come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell’agire diversamente dal dovuto."
Alla prossima!