Mi ritengo una persona cresciuta a pane e televisione: sin da piccolo guardavo dai cartoni animati agli sport, dalle prime serie TV (tipo The OC e Dawson Creek, mamma mia che adolescenza terribile) ai film di un certo rango come la saga di Fantozzi e quella di Indiana Jones.
Le nuove generazioni evitano la tv generalista, a favore delle piattaforme di streaming che offrono tematiche più affini ai loro interessi, ma sempre meno attrattive rispetto ai telefonini e al mondo dei Social.
Uno dei pochi programmi che ogni tanto vedo con Figlia Grande è Casa a prima vista, su Real Time. L’hai mia visto? Recupera almeno una puntata, così ti fai un’idea.
Insomma in questo programma tre agenti immobiliari si sfidano per vendere una casa a degli acquirenti. I teatri di questo concept di successo sono le città di Milano e Roma.
Mia figlia si è subito immedesimata nell’agente Mariana D’Amico, una donna molto affascinante, tagliente e a volte maldestra, che ha un livello di competività comparabile a quello di Gordon Ramsey in Hell’s Kitchen. Se Mariana non vince ogni puntata, Figlia Grande sclera.
Insomma, è un periodo che la mia piccola nullatenente inizia a sostenere la futura volontà di andare ad abitare a Milano e precisamente in un: quadrilocale, luminoso, esposto a sud, piano alto con ascensore, ready to live, zona Isola, due bagni finestrati, di cui uno in suite, uno con doccia walk-in e l’altro con vasca idromassaggio, uno studio, ampio living con cucina a vista, camera padronale con cabina armadio, uno spazio esterno, doppio box, cantina. Come plus, una piscina o una zona wellness.
Tesoro, amore di papà, ne parliamo fra qualche anno.
Questa è la mia risposta standard, ma il punto è un altro: come rendere partecipi i nostri figli del tenore di vita delle nostre famiglie, dettato dagli stipendi e da tutte le spese che ne vanno a decurtare gran parte?
Provo ad approfondire.
Realismo o speranza?
Appartengo alla fortunata elite di quelle famiglie che a fine mese possono contare sue due stipendi dignitosi, che ci garantiscono un tetto, cibo in tavola, vestiario e qualche sfizio, pur pagando tutto quello che lo Stato ci detrae.
Oggi però, non posso pensare che fra quindici o vent’anni avremo abbastanza risparmi per dare ai nostri figli una base economica per vivere in una grande città o frequentare l’università.
Per questo, possiamo ritenerci poveri, ricchi, nella classe media (che vuol dire tutto e niente)?
Ma soprattutto perché dobbiamo etichettarci in una di queste caste socio-economiche?
La risposta è semplice: mia figlia andrà a scuola, si confronterà con il vissuto quotidiano di altri bambini, che potranno esibire un tenore di vita diverso dal suo e ci porterà a casa la domanda, di cui traduco il succo: ma noi come stiamo messi a soldi?
Da qui parte anche la corsa di noi genitori ad omologare lo status quo dei nostri figli a quello degli altri. Dalla scarpa firmata, al braccialetto, dalla paghetta settimanale al budget per le uscite. Entriamo in un circolo vizioso che alimentiamo da soli e da cui non riusciamo a liberarci solo perché:
Sarebbe meglio se vivessimo in un mondo in cui le persone potessero parlare apertamente dei propri guadagni senza imbattersi in una serie di atteggiamenti di classe
Non so se ci arriveremo mai, però i più saggi dicono di iniziare a dare il proprio contributo (lo dicono anche per l’ambiente, ma nonostante un raccolta differenziata da campione, sembra che andrà comunque tutto in vacca).
Ecco, un primo passo - che in realtà è gigante - potrebbe essere educare i nostri figli a non vergognarsi se i propri genitori hanno uno stipendio magro, se non si possono permettere l’ultimo modello di Maserati o se non vivono in una villa con piscina.
Un secondo passo è nel far recepire il valore dei soldi e dei sacrifici che ci stanno dietro.
Le caramelle non crescono sugli alberi
Avevo già parlato in un’altra newsletter di educazione finanziaria (te la lascio qui in fondo) e del fatto che in nessuna scuola, neanche alle superiori si tratti questo tema. Magari insegnano ai nostri figli materie come Economia Aziendale, danno loro gli strumenti per creare e dirigere grandi aziende, ma poi sperpereranno tutto il loro patrimonio, perché non hanno le basi di istruzione per gestirlo.
Quanti grandi imprenditori di successo sono finiti sul lastrico?
Sempre per la politica dei piccoli passi, possiamo partire dalle caramelle. E tu dirai, ma che c’entrano con il diventare un mago di Wall Street?
Piccoli passi.
I nostri figli piccoli pensano che tutto quello che hanno o che chiedono sia loro dovuto. Forse perché non sanno che c’è un adulto che elargisce denaro ad un altro adulto che, se onesto, dichiara al fisco questo introito.
Piccoli passi.
Quando, quest’estate, tuo figlio ti chiederà un sacchetto di caramelle gommose o un gelato, tira fuori una banconota da cinque euro e mostragli il gesto del pagamento per avere in cambio quanto desiderato.
Dopo cinque minuti, ti chiederà qualcos’altro: un giro in giostra, un fumetto alla bancarella, un palloncino a forma di uno che fa la morale tramite una newsletter.
Mostra che il cinque euro di carta si è trasformato in monete e quelle monete non possono comprare quanto voluto - contando che con meno di quattro euro e cinquanta non porterai mai via un sacchetto di caramelle.
Quando avrà finito di piangere, sedetevi su una panchina, e prova a raccontagli questa storia.
Vedi, ogni mese dopo aver lavorato tutti i giorni, a me e alla mamma viene data una banconota. Con quella paghiamo tante cose, per la nostra famiglia, per farti andare a scuola, per mandare all’asilo tua sorella. Ogni mese ci rimane in tasca qualche moneta: la possiamo tenere in un salvadanaio, così quando sarai grande le conteremo e vedremo se potremo comprare qualcosa di bello per te. Oppure le possiamo spendere subito in gelati, vestiti alla moda e altre cose che hanno i tuoi compagni, ma quei soldini non ci saranno più dopo. Lo accetti un consiglio dal tuo papà che inizia ad avere i capelli bianchi? Possiamo fare un pò e un pò, e un passo alla volta capirai quando vorrai comprare una caramella o risparmiare le monete per altro.
Dovremo sederci su tante panchine, asciugare altrettante lacrime e imparare ad ascoltare gli sfoghi del “ma lui ce l’ha e io no, così mi prenderanno in giro”. Caro amico/a, sei un genitore: è una faticaccia e lo sapevamo dall’inizio.
Proviamo a fare questi passetti insieme?
Un ultimo pensiero agli autori di Casa a prima vista: abbassate i budget delle famiglie acquirenti, altrimenti il lavoro con i nostri figli diventa qualcosa tendente al miracoloso. Un bilocale in periferia, andrà più che bene!
Alla prossima!
Ecco la newsletter in cui parlavo di educazione finanziaria. L’estate ha un sacco di occasioni per testare il metodo.
Qualche giorno fa la mia adorabile figlia (ironia alert) ha piantato una grana incredibile perché ha visto “un adorabile e tenero CiccioBello” (cit.) nella vetrina di un negozio. Le abbiamo detto che non glielo avremo comprato perché il costo di quel tenerissimo bambolotto erano ben tre mesi di danza. Se proprio lo voleva avrebbe dovuto saltare un sacco di lezioni: beh, ha scelto di continuare a danzare. Grazie come sempre per gli spunti!
Sono d’accordo che fin da bambini i figli capiscano cosa ci si può permettere o no, ma anche condividano crescendo l’approccio finanziario della famiglia (nell’educazione dei nostri figli molto e’ servito che fossero scout; parlare di argomenti tipo essenzialità, superfluo, riuso - che fanno parte anche dei nostri valori famigliari - e’ stato senza dubbio più facile già da quando erano piccoli).